America Latina, la zona con più disuguaglianze al mondo

di Paolo Menchi

L’America Latina detiene un record molto poco invidiabile: è la zona del mondo dove ci sono le più grandi diseguaglianze, persino peggio dell’Africa. Le percentuali variano a seconda di chi elabora le statistiche, ma queste sono tutte concordi nel confermare il dato della cattiva distribuzione del reddito.
Sinteticamente possiamo dire che l’1 per cento della popolazione detiene il 40% della ricchezza, con tendenza al peggioramento; le nefaste conseguenze economiche della pandemia non hanno fatto altro che aumentare la concentrazione del benessere nelle mani di pochi.
Si calcola che nel 2020 la percentuale dei multimilionari (patrimonio superiore ad un milione di dollari) è salita del 41%, con un aumento della fortuna accumulata del 61%, quindi se si pensa a quanto sia crollata la produzione durante il periodo della pandemia, non possiamo che arrivare alla conclusione che gli effetti si sono riversati in gran parte sugli strati più bassi della popolazione e, anche in questo caso, le statistiche sono spietate.
Secondo uno studio della Cepal, nel 2020 ogni 100 abitanti della regione latino americana, 34 sono in stato di povertà, e di questi 13 sono in stato di povertà estrema, nel senso che hanno problemi ad accedere anche all’alimentazione quotidiana.
In termini assoluti parliamo di 209 milioni di persone (22 milioni più del 2019) nel primo caso e ben 78 milioni (8 milioni in più del 2019) nel secondo.
All’interno della regione ci sono paesi che stanno relativamente meglio, come il Cile e l’Uruguay, ma anche queste nazioni non possono essere soddisfatte, basti pensare che si calcola che chi nasce a Santiago in un sobborgo ha un’aspettativa di vita più bassa di 18 anni rispetto a chi nasce nei quartieri più ricchi.
Si tratta di problematiche che hanno origini storiche, piuttosto sarebbe necessario analizzare come essi sono nati per cercare almeno di mitigarlo per il futuro.
Certamente il colonialismo che ha portato alla concentrazione della terra in poche mani ha dato l’impulso alle diseguaglianze, ma paradossalmente anche il fatto di essere paesi ricchi di risorse naturali non ha fatto altro che acuire il problema, perché per lo sfruttamento dei giacimenti non è necessario avere manodopera specializzata e gli investimenti sono limitati , tutto questo ha impedito la creazione di un mercato interno che potesse creare anche una serie piccole aziende con manodopera specializzata e con redditi più alti, concentrando invece tutti gli sforzi sulle esportazioni.
La stessa cosa è successa con la produzione dei prodotti agricoli e con l’allevamento, che hanno preso sempre la strada del mercato internazionale anziché quello locale.
Molti analisti vedono nascere la disparità anche per cause razziali visto che, soprattutto nelle zone rurali, i più colpiti sono gli indigeni e gli afroamericani.
Ma il vero problema è stato politico perché i più ricchi hanno saputo anche condizionare chi avrebbe dovuto prendere decisioni importanti come la riforma agraria e fiscale o avviare delle vere politiche sociali per ridurre le diseguaglianze, mettendo nei posti di potere chi non intaccasse loro privilegi.
È perfettamente inutile gioire leggendo notizie che vedono il pil della regione in forte aumento, se questa maggior produzione non viene ripartita in modo adeguato, anzi sarebbe ormai ora che venisse distribuita dando la precedenza alle classi più povere garantendo servizi sociali gratuiti come l’istruzione, la sanità e i sussidi alimentari e creando anche un sistema pensionistico che possa permettere una vita dignitosa.
Non è certo da prendere ad esempio El Salvador, che ha il paradosso di essere uno dei paesi con la migliore distribuzione del reddito ma che è anche uno dei più bisognosi, con un’alta percentuale di popolazione che ha problemi a ricevere l’alimentazione di base e con un ceto medio estremamente povero.
A livello economico la spinta alla maggiore produzione dovrebbe essere dedicata al mercato interno per una migliore redistribuzione della ricchezza ed un aumento generalizzato dei salari reali.
Tra la popolazione non c’è molto ottimismo che le cose possano cambiare ma cresce la rabbia, come dimostrano le manifestazioni di piazza per la migliore distribuzione della ricchezza, tenutesi recentemente in alcune di queste nazioni, e i risultati dell’annuale indagine di Latinobarometro, secondo la quale la fiducia nella democrazia è in continua discesa, si potrebbe addirittura dire che la maggioranza preferisca una dittatura che migliori la qualità di vita piuttosto che vivere in una democrazia che non garantisce i bisogni primari.