Brasile. Governo Lula ter: l’identikit dei nuovi ministri

di Francesco Giappichini

Il Brasile si trova sulle prime pagine dei network mondiali: si pensi alla morte del Patrimonio storico-sportivo dell’umanità, Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelé, all’insediamento del presidente Luiz Inácio “Lula” da Silva, oppure ai mirabolanti festeggiamenti del capodanno carioca, e al ricordo del più recente viaggio apostolico paulista, percorso da papa Benedetto XVI nel maggio 2007. E non dimentichiamo le minacce del “terrorismo bolsonarista” (per usare un’espressione ormai fatta propria anche dalle testate conservatrici), o il recente viaggio in Florida dell’ex presidente Jair Bolsonaro. Che per sottrarsi alla consegna della fascia presidenziale al successore, è andato incontro a una grave caduta di stile.
Qui ci limiteremo tuttavia a un identikit dei ministri-chiave del terzo governo Lula. Non prima però di aver affrontato il dilemma dell'”anatra zoppa”: la nuova amministrazione progressista potrà contare su una, pur flebile, maggioranza parlamentare? Ebbene, la risposta sulla carta è no, ma in sostanza si può credere che i prossimi mesi di navigazione dovrebbero essere tranquilli. Lula ha infatti nominato ministri alcuni esponenti del partito di centro-destra União Brasil (União), i cui vertici hanno sì rimarcato che la formazione non farà parte della base parlamentare, ma si può supporre che, sinché il vento non spirerà da destra, la cospicua rappresentanza di Unione Brasile assicurerà un’ampia maggioranza, senza disturbare il conducente.
Andiamo però con ordine, cominciando dai 37 esponenti di questo esecutivo composto anche da dieci donne, in cui a far la parte del leone è il Partido dos trabalhadores (Pt), che occuperà dieci poltrone. Al dicastero più importante è stato chiamato Rui Costa (Pt), ex governatore dello Stato di Bahia e fedelissimo di Lula: al ministro della Casa civil spettano le questioni più delicate, essendo una sorta di ministro dell’Interno cui non compete l’ordine pubblico, ma sono affidate le funzioni che in Italia svolge il sottosegretario alla presidenza del consiglio. Cosicché, pur impropriamente, si parla di un primo ministro. Il vicepresidente Geraldo Alckmin, lo sfidante di Lula alle presidenziali del 2006, ricoprirà anche il ruolo di ministro dell’Indústria e comércio, in nome di un’alleanza contro il populismo.
A guidare il principale dicastero economico, il Ministério da Fazenda, sarà l’ex sindaco petista di San Paolo, Fernando Haddad: il candidato (sconfitto) delle sinistre alle presidenziali del 2018. Una carica che è stata però depotenziata rispetto al passato e spacchettata in quattro ministeri: Fazenda, Indústria e comércio, Planejamento e Gestão.
Marina Silva guiderà di nuovo il ministero dell’Ambiente, che aveva già occupato dal gennaio 2003: all’icona dell’ambientalismo mondiale, dalla biografia ormai leggendaria, Lula ha affidato “ampi poteri”. Sulla poltrona dell’Itamaraty (Esteri) siederà invece un tecnico d’area di alto livello, Mauro Vieira, già ministro nell’amministrazione Rousseff, è stato ambasciatore a Washington e alle Nazioni Unite. Alla nota cantante di axé Margareth Menezes, candidata in passato ai Grammy awards, sarà poi affidato il ricostituito ministério da Cultura, soppresso nell’era Bolsonaro. Alla Difesa è stato infine chiamato José Múcio Monteiro, l’ex presidente del Tribunal de contas da união (Tcu): un profilo per nulla divisivo, che può pacificare i rapporti tra le formazioni di sinistra, e i settori delle forze armate più vicini al bolsonarismo.