In molti paesi del mondo andare a scuola significa mettere a rischio la salute

di C. Alessandro Mauceri

Sono diversi gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile adottati dalle Nazioni Unite che riguardano l’educazione. A cominciare dalla misura 4, che prevede, tra l’altro, di costruire e aggiornare le strutture di istruzione e fornire sicuro e di predisporre ambienti di apprendimento non violenti per tutti (la sottomisura 4.a. parla di scuole con accesso all’elettricità e di infrastrutture e materiali adeguati per gli studenti con disabilità, ma anche di acqua potabile di base, servizi igienici di base distinti per sesso, sistemi il lavaggio e altro). Ma di accesso a servizi igienici e acqua parla anche l’Obiettivo 6, “garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienici per tutti”. In particolare la sottomisura 6.2, raggiungendo entro il 2030 l’accesso a servizi igienici adeguati ed equi e di igiene per tutti e la fine della defecazione all’aperto, prestando particolare attenzione alle esigenze delle donne e delle ragazze.
Ancora una volta, però, i numeri dimostrano il fallimento delle promesse fatte e degli impegni presi da tutti i paesi del mondo nell’indifferenza generale. Un recente rapporto dal titolo “Drinking water, sanitation and hygiene in schools: global baseline report 2018”, realizzato dall’Unicef in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità, ha analizzato la situazione nelle scuole per quanto riguarda l’accesso all’acqua, ai servizi e all’igiene a livello globale. I risultati sono sorprendenti. Ancora oggi, meno del 70 per cento delle scuole dispone di impianti per l’acqua potabile efficienti. Il 12 per cento dispone degli impianti, ma manca la fornitura di acqua. E quasi il 20 per cento non ha alcun impianto. Tradotto in termini di “beneficiari finali” sono oltre 570 milioni i bambini che non hanno accesso all’acqua potabile a scuola. In Cina (così impegnata ad aiutare l’Africa con 60 miliardi di dollari di investimenti per la crescita dell’economia e così assente nel migliorare le scuole sul proprio territorio), in Russia e in gran parte dei paesi africani (quasi la metà delle scuole in Africa subsahariana e più di un terzo delle scuole in piccoli Stati insulari in via di sviluppo non dispone di alcun servizio di acqua potabile). E ancora in Oceania dove in quasi metà delle scuole esistono problemi e così in circa un terzo delle scuole in Asia centrale e meridionale. La stesa carenza di dati è significativa: secondo i dati emersi dallo studio solo 92 paesi e cinque delle otto macroregioni degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile dispongono di dati relativi alla copertura dei servizi di acqua potabile di base nelle scuole. Come se di questo problema non interessasse a nessuno!
Stessa cosa sotto il profilo igienico-sanitario: solo il 66 per cento delle scuole che hanno potuto fornire dati (101 paesi) hanno servizi igienici di base (definiti come una struttura divisa per sessi utilizzabile al momento del sondaggio). Il 23 per cento delle scuole non dispone di alcun servizio igienico-sanitario. Tradotto in numeri significa che oltre 620 milioni bambini in tutto il mondo frequentano una scuola in cui manca un servizio sanitario adeguato. Un terzo delle scuole dell’Africa subsahariana e in Asia orientale e sudorientale non ha servizi igienico-sanitari. E come sempre ad essere più colpiti sono i più piccoli: il problema riguarda quasi una scuola primarie su cinque e una scuola secondaria su otto.
Si tratta di condizioni che hanno pesanti ripercussioni sullo stato dell’igiene. Solo in 81 paesi è possibile stimare la copertura dei servizi igienici di base nelle scuole. In quasi la metà delle scuole (47 per cento) non c’è un servizio di igiene di base (definito come un impianto mani con acqua e sapone). E nel 36 per cento delle scuole non c’è alcun servizio igienico. Ancora una volta i numeri sono impressionanti: 900 milioni bambini in tutto il mondo non hanno accesso a servizi igienici di base nella scuola che frequentano; più di un terzo delle scuole in tutto il mondo e la metà delle scuole nei paesi meno sviluppati.
Non sorprende se circa un terzo dei minori stranieri non accompagnati (tra cui diversi casi seguiti dal Kiwanis Distretto Italia S.Marino) che giungono in Europa provenienti dall’Africa dopo aver attraversato il Mediterraneo dichiarano di aver intrapreso il lungo viaggio perché in cerca di educazione e istruzione!
Se la situazione in molti paesi africani e asiatici o in Oceania è gravissima, anche nei paesi più sviluppati non si può certo gioire quanto alla situazione degli istituti scolastici. Qui a mettere a rischio la salute degli allievi e di quanti lavorano nel settore sono le condizioni di sicurezza. A cominciare dal rischio di contrarre malattie gravi a causa dell’amianto: secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale sull’Amianto, questo materiale altamente tossico è presente in 2.400 scuole frequentate da 350mila allievi e circa 50mila tra docenti e non docenti. Eppure la cosa pare non interessare. Così come sembra non meritare attenzione il rischio sismico delle aree in cui sorgono gli edifici scolastici: secondo i dati del ministero sono oltre 22mila le scuole costruite in aree ad elevato rischio in caso di terremoto. Se a queste si aggiungono quelle in aree a rischio idrogeologico il quadro che ne emerge è spaventoso.
Eppure di questi pericoli per l’infanzia, come delle conseguenze geopolitiche della carenza di infrastrutture per l’educazione e l’istruzione in molti paesi del mondo, non parla nessuno. E nessuno pare essere disposto a scendere in campo per denunciare questi problemi e sollecitare una soluzione. Senza un cambiamento radicale (peraltro improbabile), sarà impossibile raggiungere gli Obiettivi Sostenibili del Millennio, i Sustainable Development Goals, quelli presentati qualche anno fa con tanta enfasi dopo che ci si era resi conto del fallimento dei Millenium Goals. Promesse mai mantenute e iniziative mai realizzate. E tutto questo a scapito della salute e della vita stessa di milioni di bambini.