Erdogan, il “sultano” alla conquista del Mediterraneo. Tra timori e prospettive

di Mattia Polizza

I pescatori di Mazara del Vallo sequestrati in Libia. L’Aliseo crivellato di colpi dalla marina libica. Il peschereccio siciliano speronato e vittima di sassaiola, in acque internazionali al largo di Cipro, da parte di alcuni pescatori turchi.
Citando Agatha Christie “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”: nel nostro caso le prove portano su un’unica pista, la Turchia di Recep Tayyp Erdogan. Una Turchia in veste di moderni conquistadores del ‘500, con mire di controllo del Mediterraneo, stanziando come base di partenza la Libia, con l’appoggio del leader Fayez al-Serraj e soggiogata senza forza, grazie ad una serie di accordi economici.
Ma come si è giunti a tale situazione? E’ opportuno fare un piccolo recap di quanto accaduto.

Quando il mondo intero guardava con ansia e crescente timore verso il Covid-19, che nei primi mesi del 2020 aveva ormai travalicato i confini cinesi, a poche miglia dalle coste siciliane la terra libica viveva un momento di svolta, il cui input avrebbe prodotto gli effetti che sono sotto i nostri occhi ad oggi. Ankara, con il suo leader Erdogan, decise che avrebbe appoggiato il governo libico in carica di al-Serraj, in contrapposizione all’appoggio russo da parte di Vladimir Putin alla controparte rappresentata dal generale Khalifa Haftar. Sembrava l’inizio di un conflitto destinato ad aumentare esponenzialmente, soprattutto alla luce delle recenti tensioni tra i due stati, e nella peggiore delle ipotesi a colpire fisicamente i due stati che fornivano l’appoggio. Al contrario di quanto temuto invece sopraggiunse il cessate-il-fuoco, un accordo che spense la fiamma che stava divampando lasciando però accese le ceneri sottostanti, ma non è detto che possano esplodere da un momento all’altro (guerra Israelo-Palestinese docet). Alla luce del blocco dell’escalation di tensione il mondo, con Ue e gli stati che si affacciano sul Mediterraneo soprattutto, tirarono un sospiro di sollievo.
Ma si sbagliavano di grosso.
Se da un lato cessarono gli scontri, dall’altro cominciò il progressivo armamento turco della marina libica, unito alla promessa di una futura collaborazione nella lotta all’immigrazione irregolare e alla tratta di esseri umani. Partì il progetto mirante al progressivo controllo della futura classe politica libica, controllo che si verificherà tramite l’impegno da parte di Ankara nel formare i futuri diplomatici e la classe dirigente libica. Unito a tutto ciò partirono una serie di memorandum in cui Erdogan si spinse in impegni specifici come la costruzione di tre centrali elettriche, di uno scalo aereo a Tripoli, di un enorme centro commerciale e nell’aumento del valore dell’import-export tra le due nazioni che si sarebbe assestato sui 5 miliardi.
Tutti questi accordi e promesse hanno portato a intensificare i rapporti tra i due stati, la Libia di Haftar ora è una sorta di avamposto turco sul Mediterraneo occidentale: come un grande battaglia di Risiko Erdogan è riuscito a piazzare la sua bandierina in una terra in quel momento di nessuno, che dopo la morte di Gheddafi faticava a trovare la sua strada e la sua nuova identità. Bandierina che fa coppia con quella piazzata, prima di Erdogan, nel 1974 nel nord di Cipro, in quel piccolo lembo di terra conteso chiamato in Turchia e in poche altre nazioni che lo riconoscono “Repubblica Turca di Cipro del Nord”.

Questa premessa fa da apripista a quanto sta succedendo da fine 2020 fino ai giorni nostri, stiamo vivendo un’escalation di violenza nel Mediterraneo al momento con piccole scaramucce, per quanto si possa chiamare piccola aver crivellato di colpi l’Aliseo con solo la fortuna che ha impedito la morte di qualche pescatore. Scaramucce che, come già scritto e ripetuto, stanno instillando goccia dopo goccia la paura nei pescatori italiani di varcare la soglia di acque italiane per dirigersi in quelle internazionali, onde evitare di essere speronati, feriti e nella peggiore delle ipotesi sequestrati e uccisi.

Ma si tratta solo di questioni relative alla pesca? Assolutamente no. La pesca rappresenta solo lo specchietto delle allodole, ciò che Ankara brama è annientare il rapporto che contraddistingue da sempre Italia e Libia in modo da poter controllare le grandi risorse naturali presenti nel territorio, respingendo le aziende italiane e Ue presenti sul territorio. L’avamposto libico inoltre potrebbe rivelarsi importantissimo nell’ottica anche della costruzione di gasdotto EastMed. Questo gasdotto si basa sulla scoperta di ingenti giacimenti di gas in Israele, il quale si sta adoperando per l’esportazione dello stesso per competere anche con la Russia e diversificare il commercio. Tale strategia, da parte anche della Ue mira non solo a depotenziare la Russia, da qui l’interessamento di Putin sulla Libia, come fornitore unico di gas in Europa, ma anche a depotenziare Ankara, poiché il nuovo gasdotto piuttosto che passare dalla Turchia partirebbe da Israele per passare da Cipro, Grecia e infine Italia. Erdogan e la Turchia perderebbero il loro importante ruolo strategico di stato che fa da anello di congiunzione tra l’Europa e il Medio Oriente.
E da qui arriviamo all’avamposto libico: tale strategia si basa sulla mancata firma della Turchia degli accordi di Montego Bay, accordi che, ricordiamo, pongono delle limitazioni internazionali alle ZEE (Zona Economica Esclusiva) nel mare antistante lo stato di turno. La costruzione del gasdotto potrebbe, a costo di un percorso più lungo ed economicamente più costoso, bypassare la ZEE turca e quella rivendicata dal governo di Ankara, ma si scontrerebbe con la ZEE libica e la porzione rivendicata, con il rischio concreto di vedere il costo dei lavori lievitare eccessivamente o magari non poter proseguire per ingerenza della marina libica, con controllo turco alle spalle.

Il controllo libico accrescerebbe l’importanza turca nei confronti della Ue, di protettore delle terre europee da un’invasione araba e africana. La Turchia al momento gode di una certa importanza nella Ue per quanto non ne faccia parte, poiché Erdogan ha fatto sì che venga considerata una sorta di terra cuscinetto che difende l’Europa dall’invasione dei popoli medio-orientali. In Libia potrebbe verificarsi la stessa situazione, sostituendo il i popoli del medio-oriente con quelli africani, con la Turchia pronta a fermare gli sbarchi che si susseguono in Italia con conseguenze in Europa.

Alla luce di quanto esposto vien naturale pensare che ci troviamo di fronte a un grande ricatto da parte della Turchia:
– Economico (gasdotto)
– Sociale (sbarchi e clandestini)

L’Ue è al momento silente, basti pensare alle reazioni al “sofagate”. Deve prodigarsi velocemente in una strategia per contrastare quando sta avvenendo, prima che ogni altra decisione possa essere tardiva per il futuro economico e sociale europeo.