We Are Christmas con i bambini rifugiati siriani

di Domenico Letizia –

Sono lontani i tempi dell’attenzione mediatica mondiale sulle vicende del conflitto siriano e sull’ondata di profughi in fuga dalla guerra. La Onlus “We Are” non ha mai smesso di operare in favore delle vittime di questa tragica guerra con particolare attenzione alle donne e ai bambini in fuga. “We Are” è stata fondata da 10 volontari già coinvolti e presenti nell’aiuto verso i rifugiati siriani nei campi turchi e siriani, con particolare attenzione ad opere di alfabetizzazione ed educazione per i minori privi di capofamiglia. Il compito della Onlus è quello di raccogliere aiuti finanziari e materiali, al fine di organizzare e inviare container ai campi dove i volontari hanno potuto constatare di persona la mancanza di necessità primarie che una vita decente richiede. “We Are”, grazie all’immenso impegno del presidente Enrico Vandini, ha deciso di dedicare il prossimo natale ai bambini vittime del conflitto, sostenendo 23 nuclei familiari, ospitati al confine con la Turchia, di cui fanno parte 52 bambini. Il mantenimento della logistica e dei servizi essenziali ha un costo mensile di 2.400 euro e gli sforzi della Onlus sono dedicati alla raccolta fondi per coprire tale cifra. La Fondazione, che We Are segue al confine turco, avrà in questo modo la possibilità di ospitare nuovi nuclei familiari, permettendo una vita dignitosa ai bambini in fuga. Già i volontari della struttura hanno avuto modo di denunciare le complicità di al-Assad nel perpetuare il massacro della popolazione siriana e la sistematica repressione della dissidenza democratica al regime. Toni di denuncia si sono levati anche contro le complicità della Russia e dell’Iran. Non molti anni fa alcuni magistrati di Parigi hanno aperto un’indagine preliminare contro il regime di Bashar al-Assad per crimini contro l’umanità commessi tra il 2011 e il 2013. Le fonti giudiziarie e diplomatiche riferirono che il procedimento fu avviato sulla base di prove presentate da un fotografo per 13 anni nella polizia militare siriana, noto con lo pseudonimo di “Caesar”, che disertò e lasciò il Paese nel 2013, portandosi dietro 55mila foto attestanti la repressione, gli abusi e le torture perpetrate dal regime, foto che rappresenterebbero l’equivalente, secondo la stampa francese, di un “certificato di morte” del regime di Assad. Gli esiti dei conflitti non determinano solo vittorie militari, ma anche culturali. Il conflitto siriano è stato definito come una guerra a fasi: dopo la rivolta popolare contro il regime c’è stata la sua trasformazione forzata in guerra tra sunniti e sciiti, quindi in “guerra al terrorismo”. La Siria “deve vedere salvaguardata la sua integrità territoriale”. E’ quanto ha chiesto il ministro degli Esteri iraniano, Mohammed Javad Zarif, parlando al Med Forum 2018 a Roma. “Noi lavoriamo in cooperazione con la Russia in Siria e la nostra politica è che c’è una minaccia esistenziale non solo contro Damasco ma contro tutta la regione da parte dei gruppi terroristi. Bisogna mantenere l’integrità territoriale della Siria e lottare contro il terrorismo e questo lo possiamo fare mettendo fine al conflitto siriano. Gli unici paesi a prevenire un disastro a Idlib sono Turchia, Russia e Iran. Se il processo politico ha come risultato quello di invertire i risultati sul terreno non avrà successo”. Ciò che sembra lontano è il rispetto della democrazia e dei diritti per i siriani e il lavoro di Onlus come “We Are” necessita di attenzione mediatica e del sostegno economico, anche per la missione di natale 2018.