Lotta al terrorismo in Africa: Nessuno tocchi Caino, contenimento della pena di morte

di Domenico Letizia * –

Una nuova missione internazionale prenderà presto avvio grazie al lavoro dell’Organizzazione Non Governativa “Nessuno tocchi Caino”, con il finanziamento della Commissione Europea. Obiettivo: “Contenere la pena di morte in tempo di guerra al terrore in Egitto, Somalia e Tunisia”. La finalità primaria progettuale è quella di sostenere una serie di azioni volte ad introdurre moratorie o tentare di ridurre l’utilizzo della pena capitale in Egitto, Somalia e Tunisia. In Somalia, nel 2015, sono state effettuate almeno 25 esecuzioni, tra cui 9 per atti di terrorismo. Altre 13 esecuzioni sono state effettuate nel 2016 (al 30 giugno), tra cui 3 per terrorismo. In Egitto, sono state impiccate almeno 22 persone nel 2015, di cui 7 per fatti di violenza politica. Nel 2015 e nei primi mesi del 2016, nuove leggi anti-terrorismo che prevedono la pena di morte sono state approvate in Corea del Sud, Guyana e Tunisia. Nell’agosto 2015, dopo dodici anni di sospensione della pena di morte, il Ciad ha fucilato dieci membri del gruppo islamista nigeriano Boko Haram. Un numero significativo di condanne a morte si è avuto in Egitto e Somalia e numerose sono le esecuzioni extragiudiziarie avutesi nella nazione somala. In questo Paese, il regolamento giuridico prevede che tutti i casi di terrorismo siano giudicati dai tribunali militari e quasi del tutto assenti sono le possibilità di appello e di clemenza. In Egitto, in nome della guerra al terrorismo, le condanne sono state centinaia dalla caduta del presidente Morsi, avvenuta nel luglio del 2013, e sono in molti a registrare gli abusi dei servizi di sicurezza, che hanno sistematicamente utilizzato la detenzione illegale, il sequestro di persona, la tortura e la falsificazione di documenti ufficiali. Il progetto di Nessuno tocchi Caino mira a contenere l’azione di repressione in atto nei paesi africani attraverso una serie di alleanze con i difensori regionali e nazionali dei diritti umani. Il programma ha due obiettivi: il primo è quello di limitare la pena di morte in Somalia e Egitto, nazioni dove le condanne a morte sono aumentate; il secondo è quello di sostenere, studiare e incoraggiare riforme legali liberali e pro abolizione in Tunisia, nazione che dopo i recenti attentanti terroristici rischia di regredire sul piano dei diritti fondamentali. Oltre il contenimento della pena capitale, si punta anche ad agire su una continua valorizzazione dei riferimenti giuridici internazionali: eliminazione della tortura e trattamenti crudeli, inumani e degradanti, attraverso il rafforzamento del quadro giuridico internazionale per la promozione dei diritti umani, della giustizia giusta e dello stato di Diritto. Il progetto è finalizzato a far crescere l’accesso del pubblico all’informazione riguardante l’utilizzo della pena di morte, sostenendo l’efficacia di pene alternative e contribuendo ad alimentare dibattiti nazionali sull’argomento. Il lavoro si svolgerà, anche, in sostegno della magistratura, dei professionisti giuridici e dei leader religiosi interessati ad alimentare un serio dibattito sullo stato attuale della giustizia e dell’utilizzo della pena capitale all’interno della propria comunità. L’esecuzione del progetto di Nessuno tocchi Caino si baserà su attività di monitoraggio e sulla raccolta di documentazione sull’esercizio della pena capitale, sul tentativo di migliorare l’accesso dell’informazione dei cittadini sull’utilizzo della pena capitale, fornire assistenza legale a coloro che devono affrontare una condanna all’esecuzione e sviluppare ulteriormente le capacità e l’assistenza dei gruppi associativi o legali che esercitano pressione locale sui governi, nel richiamare al rispetto delle Convenzioni Internazionali sui diritti umani. L’ostacolo principale nell’azione di contrasto alla pena capitale proviene dalla maggioranza dell’opinione pubblica favorevole al suo esercizio e utilizzo. Un ostacolo maggiore all’interno di quei paesi a maggioranza musulmana in cui si sostiene pubblicamente la “legge del taglione”, risultando profondamente radicato nel popolo stesso la visione del castigo e della punizione con il delitto. Tuttavia, va ribadito che il problema non risiede nel Corano o nella religione islamica, ma nella rivisitazione e interpretazione che si svolge nell’applicazione del diritto penale, azione sostenuta con decisione dai regimi per impedire il sorgere e diffondersi di qualsiasi processo democratico. Il generale clima di insicurezza creato dal terrorismo ha notevolmente aumentato il sostegno pubblico all’utilizzo della pena capitale e a credere nel suo utilizzo come deterrente. Il segreto è il non accesso all’informazione che avvolge la pena capitale e ciò non aiuta a modificare l’atteggiamento pubblico. La trasparenza e la conoscenza sull’utilizzo della pena di morte e le pene alternative al suo utilizzo possono contribuire alla creazione di dibattiti pubblici seri e dettagliati, incoraggiando la società civile a chiedere politiche di cambiamento tese a proteggere i diritti fondamentali dell’individuo. Nessuno tocchi Caino ha svolto un ruolo fondamentale per l’approvazione della risoluzione generale delle Nazioni Unite sulla moratoria sull’uso della pena di morte e l’abolizione, negli ultimi anni, anche in alcuni stati africani. Recentemente l’Ong federata al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, ha svolto missioni in Africa: una serie di incontri in Kenya, in Zambia e Malawi. La delegazione guidata da Antonio Stango (del Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino e presidente della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo) e della quale hanno fatto parte Eleonora Mongelli, Yuliya Vassilyeva e Raphaël Chenuil-Hazan (vicepresidente della World Coalition against the Death Penalty), ha incontrato numerosi ministri, deputati e attivisti per sensibilizzare e sviluppare iniziative tese a rafforzare i diritti umani e a contrastare l’utilizzo della pena capitale. Tale progettualità di azione è intimamente legata alla proposta transnazionale di Marco Pannella, e del Partito Radicale, di transizione dalla ragion di stato allo stato di diritto attraverso la formulazione del diritto umano alla conoscenza. Negli ultimi due decenni, in molti Paesi, soprattutto nel continente africano e in quello mediorientale, abbiamo assistito all’impiego di mezzi e strategie militariste e a un prolungato Stato di emergenza, proclamato per la pretesa necessità di difendersi dalle minacce provenienti da terrorismo, immigrazione, droga e altri “nemici”. Uno “Stato di Emergenza” permanente, le cui radici spesso affondano in vere e proprie menzogne. Vittime della multiforme Ragion di Stato sono i diritti umani, la responsabilità, la mancanza di supervisione nel processo decisionale e, in ultima analisi, la pace. Oramai, lo Stato di Diritto rischia di esser sostituito e sepolto dallo Stato di Polizia. I governi devono essere responsabili delle loro azioni e devono garantire un’adeguata informazione, che sia disponibile, accessibile e accurata secondo i principi dell’apertura e della trasparenza. Benché alcuni Paesi forniscano ai cittadini gli strumenti per accedere alle informazioni, i Freedom of Information Acts (Foia), questa normativa spesso non risponde alle attese naturali e legittime dei cittadini, rivelandosi inadeguata e inefficace. Il diritto a conoscere ciò che i membri del Governo fanno segretamente potrebbe migliorare il rapporto tra candidati eletti ed elettori. Il perfezionamento dei meccanismi di controllo democratico può contribuire al progresso della democrazia e dello stesso diritto nazionale e internazionale, aumentando così il rispetto effettivo dei diritti umani e valorizzando al meglio anche la vertenza internazionale contro la pena di morte.

* Political Analyst, Membro del Consiglio Direttivo di Nessuno Tocchi Caino, del Comitato Centrale della Lega italiana dei Diritti dell’Uomo e componente del Gruppo di lavoro “Carcere e Diritti Umani” del Forum Nazionale dei Giovani.