La violenza sessuale (dimenticata) sugli uomini

di C. Alessandro Mauceri

Quando si parla di violenze, specie a scopo sessuale, spesso il pensiero va alle donne vittime di ogni genere di brutalità, fisica e non solo. Un fenomeno grave al quale non a caso è stata dedicata grande attenzione da parte delle Nazioni Unite.
Ma anche i casi di violenze nei confronti del “sesso forte”, degli uomini, sono molti. Molti di più di quanti si potrebbe immaginare. Forme di violenza che spesso presentano sfaccettature diverse. Ma delle quali non si parla mai (o quasi).
Nel 2010 un’inchiesta sulla violenza sessuale inflitta dal partner, la National Intimate Partner and Sexual Violence Survey condotta dal Centro statunitense per il controllo delle malattie, rilevò che la percentuale di uomini costretti ad avere rapporti sessuali con le compagne era praticamente identica a quella delle donne che avevano dichiarato di aver subito uno stupro: l’1,1 percento della popolazione. Negli Usa il 4,8 percento degli uomini (uno ogni venti!) riferiva di essere stato costretto nel corso della propria vita ad avere rapporti sessuali contro la propria volontà (nel 44,8 percento dei casi era il partner, nel 44,7 percento dei casi un conoscente). Anche il fenomeno dello stalking aveva colpito molti uomini: un uomo su 19 (5,2 percento) ne era stato vittima.
Dati non meno preoccupanti in Italia. Nel 2012 da una ricerca dell’Università di Siena emerse che 5 milioni di uomini erano stati vittima degli stessi tipi di violenza che subivano le donne. Numeri analoghi vennero forniti dall’associazione per genitori separati Gesef.
Una situazione che negli anni e nel totale silenzio dei media non è cambiata: un rapporto ISTAT del 2019 riporta di 3 milioni e 574mila uomini vittime di molestie, almeno una volta nella vita (1 milione 274mila nei tre anni precedenti all’intervista). Numeri inferiori a quelli relativi alle donne, ma pur sempre impressionanti. Diverse le forme di violenza: secondo l’Istituto di statistica, al primo posto tra le molestie ci sono quelle verbali, seguite dai pedinamenti, dall’esibizionismo fino alle molestie fisiche. Violenze a volte sottovalutate dalle stesse vittime. Queste, secondo alcuni psicologi, non riconoscono quelle subite come violenze, specie se all’interno della coppia e della famiglia. Dalla ricerca dell’Università di Siena emerge che oltre la metà degli uomini intervistati e vittime di violenza ha subito spinte, graffi, morsi, capelli strappati, lancio di oggetti e addirittura (ma in misura minore) folgorazione con la corrente elettrica o dita schiacciate con la porta.
Ma mentre le violenze nei confronti delle donne sono ormai un fenomeno noto e di cui si parla tanto, delle violenze verso gli uomini non parla mai nessuno. Spesso le violenze subite dagli uomini restano non denunciate. E più di quanto non avvenga per la donne.
Le violenze sessuali hanno molte sfaccettature. In alcuni paesi le violenze contro soggetti di sesso maschile sono numerose, ma ad essere diversi sono il contesto e le motivazioni. In Africa ad esempio la violenza sessuale contro uomini (soprattutto ragazzi) è molto più diffusa di quanto si possa immaginare. Nonostante sia documentata in quasi tutti i conflitti armati, spesso rimane nascosta e ignorata o peggio negata. Un’indifferenza che ha conseguenze rilevanti per le vittime, escluse da qualsiasi forma di assistenza o sostegno, anche psicologico. Per loro nessuno parla di “giustizia”. Neanche quando, come è avvenuto negli ultimi anni, esistono prove che dimostrano la prevalenza di atti di violenza sessuale contro uomini e ragazzi in molti conflitti. Dati che confermano che il numero di vittime maschili è significativamente più alto di quanto si possa pensare. In molti conflitti armati dimenticati dal mondo sviluppato e dai media, gli uomini sono particolarmente vulnerabili, ad esempio durante la detenzione o quando vengono reclutati a forza o nei campi profughi o tra gli sfollati interni.
Nello Sri Lanka più di un quinto degli uomini tamil detenuti nel conflitto ha riferito di essere stato abusato sessualmente o costretto dai rapitori a violentare e farsi violentare. In Liberia un’indagine ha rilevato che un terzo degli ex combattenti maschi aveva subito violenza sessuale. Uno studio simile condotto nella Repubblica Democratica del Congo ha dimostrato che un quarto degli uomini nelle zone colpite dal conflitto è stato vittima di violenze sessuali.
Situazione analoga dall’altra parte del pianeta, nell’America del Sud dove il 76 per cento dei prigionieri politici del Salvador negli anni ’80 ha riferito di aver subito una qualche tortura a sfondo sessuale.
In Ruanda e nell’ex Jugoslavia la tortura genitale e la sterilizzazione forzata attraverso la castrazione sono state utilizzate come forme di “purificazione etnica”. E anche in Europa, durante la guerra in Bosnia degli anni ’90, sarebbero migliaia le vittime di violenze sessuali tra i prigionieri nei campi di detenzione non lontano da Sarajevo.
Tutti crimini spesso rimasti nell’oscurità. A volte, sono le stesse vittime a non volerne parlare, a non voler denunciare l’accaduto: l’estrema vergogna e lo stigma che circonda queste pratiche, fanno sì che molte vittime preferiscano tacere. Anche i pochi che accettano di parlarne spesso finiscono per mascherare questi “stupri” come “torture”. In alcuni paesi la giurisprudenza si ostina a non voler riconosce gli uomini come possibili vittime di violenza sessuale: le definizioni “legali” di stupro si applicano solo alle donne. In altri paesi dove l’omosessualità è illegale, spesso il silenzio degli uomini vittime di violenze è legato al timore di essere criminalizzati.
Anche le organizzazioni internazionali hanno una parte di responsabilità. Alcuni trattati sembrano scritti solo sui casi che riguardano le donne. La risoluzione 2106 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottata nel 2013, è stata la prima a menzionare esplicitamente uomini e ragazzi come potenziali vittime di violenza sessuale nei conflitti. La risoluzione si concentra ancora sulle donne e sulle ragazze come “sproporzionatamente” colpite dalla violenza sessuale, fornendo solo un timido riconoscimento a uomini e ragazzi. La strada per la presa d’atto e l’adozione di misure concrete è ancora lunga. Uomini e ragazzi sono completamente omessi dai paragrafi operativi che presentano l’invito all’azione.
Eppure i dati rilevati negli ultimi anni dimostrano chiaramente che l’ipotesi secondo la quale donne e ragazze sarebbero colpite in modo “sproporzionato” da forme di violenza è infondata.
Gli stessi Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sembrano aver commesso questo errore: la sotto misura 5.2 prevede di “eliminare tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze nelle sfere pubbliche e private, incluso il traffico e sessuale e altri tipi di sfruttamento”. E le violenze contro uomini e ragazzi? Di queste, che siano violenze domestiche o efferatezze subite durante scontri etnici e conflitti armati, si preferisce non parlare. Anche ai livelli più alti.